Osservando il Partenone, possiamo infatti constatare con facilità che la sua facciata è inscrivibile in un rettangolo aureo (notate il rapporto tra la larghezza e l’altezza dell'edificio). E’ stupefacente: anche la pianta dell’edificio è un rettangolo aureo. Inoltre, anche il rapporto fra i singoli elementi architettonici della facciata è pari a 𝜱, come per esempio, quello esistente tra l’altezza dell’edificio e delle colonne, o come quello tra queste ultime e l’altezza del frontone.
Istintivamente siamo portati a commentare che Fidia era di certo un architetto molto abile, ma anche a presupporre che, per ottenere le tanto armoniche proporzioni del Partenone, si fosse ispirato proprio alle scoperte dei pitagorici.
Se invece decidessimo di spingerci ancora più indietro nel tempo, una volta al cospetto dell’imponente magnificenza di alcune tra le opere più affascinanti realizzate dall’uomo, come le piramidi, ci troveremmo senza dubbio sconcertati di fronte all’equilibrio delle loro proporzioni.
Se ad esempio prendessimo in esame la Piramide di Cheope e disegnassimo al suo interno un triangolo rettangolo immaginario avente come cateto maggiore l’altezza della piramide (146m) e come cateto minore la metà del lato della base (115m), tramite il teorema di Pitagora, potremmo calcolarne l’apotema che corrisponderebbe a circa 185,9m.
Ma se poi dividessimo l’apotema per il cateto minore del triangolo, arriveremmo ad ottenere un numero estremamente vicino al 𝜱.
Infatti:
186:115= 1,617
E a questo punto, ancora una volta, scaturirebbe il nostro stupore: la piramide di Cheope è stata fatta risalire al 2540 a.C. circa, ovvero ben 2000 anni prima della nascita di Pitagora.
Questo implica che il numero perfetto della proporzione aurea era già conosciuto dagli antichi, molto prima rispetto al periodo di cui ci sono rimaste tracce documentali!
Addirittura sembrerebbe che il primo manufatto rinvenuto realizzato secondo la proporzione di Fidia, sia la stele del Re Djet, rinvenuta anch’essa in Egitto e datata al 3000 a.C.
Rispetto alla scarsità di fonti riguardanti la matematica egiziana, per la matematica babilonese possiamo invece avvalerci di circa 400 tavolette di argilla portate alla luce a partire dal 1850.
Scritte in caratteri cuneiformi, la maggior parte delle tavolette recuperate risalgono al periodo compreso tra il 1800 e il 1600 a.C. e trattano vari argomenti matematici, tra cui le frazioni , l’algebra, le equazioni quadratiche e cubiche e l’applicazione ai triangoli rettangoli di un teorema simile a quello di Pitagora.
In particolare, il rinvenimento di una tavoletta risalente al medesimo periodo, avvenuto nel 1936 nella città iraniana di Susa, lascia presupporre che i Babilonesi siano stati i primi a studiare la figura del pentagono regolare e il rapporto aureo.
Pensate comunque che esistono moltissime opere realizzate nel corso della storia in cui è possibile riconoscere lo studio del rapporto aureo.
La più nota tra queste è la splendida Venere di Milo, una famosissima statua greca realizzata in marmo pario, nel 130 a.C. circa, che molti artisti e critici hanno decantato come la rappresentazione per eccellenza della bellezza femminile ideale.
Ammirandola, si può infatti constatare che l’altezza totale della figura divisa per la misura della distanza tra i piedi e l’ombelico riconduce proprio al numero aureo!
Ciò che se ne può evincere è che, nella loro ricerca della perfezione estetica, i Greci si siano avvicinati davvero di molto alla proporzione fisica ideale.
Quel che però fa davvero riflettere è il modo in cui essi hanno raggiunto tale perfezione.
Infatti il primo artista greco che stabilì un canone di bellezza fu lo scultore Policleto di Argo. Egli, dopo aver misurato diverse parti del corpo umano, giunse a fissare delle misure medie che dichiarò come ideali. In seguito a tali studi, Policleto scrisse un trattato intitolato “Il Canone” (oggi perduto), dal greco kanon cioè "regola", nel quale descrisse le perfette proporzioni da lui desunte osservando la natura.
Ad esempio, nella statua del Doriforo a lui attribuita, il rapporto tra l’altezza complessiva e la distanza tra i piedi e l’ombelico risulta essere di 1,618.
Sarà un caso che anche Policleto visse ed operò nel V secolo a.C., ossia nella stessa epoca in cui i Pitagorici ragionavano di numeri irrazionali e proporzioni auree?